Nuove Direzioni nella prevenzione e cura contemporanee di Obesità infantile e Disturbi del comportamento alimentare precoci. Future directions in prevention and treatment of children obesity and eating disorders. R Tanas, G Caggese, S Marucci

Tanas R, Caggese G, Marucci S. Italian Journal of Pediatrics 2015, 41(Suppl 2):A72 https://pdfs.semanticscholar.org/9332/0f6254c2235a3f18f7475648ccf1d6c86141.pdf

L’epidemia di obesità in età evolutiva ha promosso innumerevoli programmi di prevenzione e terapia solitamente incentrati nelle scuole su un’educazione nutrizionale con l’obiettivo di insegnare un’alimentazione corretta ai bambini e nelle cure primarie sulla diagnosi e presa in carico dei bambini con eccesso ponderale con l’obiettivo di evidenziarne gli errori alimentari e proporre loro diete corrette.

Da quasi 20 anni, però, la letteratura allerta che i disturbi del comportamento alimentare (DCA), che esordiscono tipicamente in adolescenza, sono in aumento e il DIETING (comportamento di restrizione dell’alimentazione, oggi adottato da moltissimi adulti e adolescenti per adeguarsi all’ideale di magrezza gettonato dai media, per lo più gestito senza l’appoggio di un professionista formato [1]) e l’essere o il sentirsi in sovrappeso ne costituiscono i fattori facilitanti evitabili più potenti [2-4].

Lo stigma sul corpo, che accumuna obesità e DCA [5] basato sull’attribuzione di una forte responsabilità personale all’esordio di queste patologie , ha dimostrato di aumentare stress, pressione arteriosa, cortisolemia, stress ossidativo e proteina reattiva C, di peggiorare il controllo glicemico e persino la motivazione all’attività fisica (AF), spesso sorgente di derisione, favorendo la sedentarietà. Lo stigma, inoltre, aumenta le problematiche psicosociali, quali depressione, disturbo dell’immagine corporea, perdite di controllo alimentare e motivazione al trattamento e sua efficacia.

Sempre più insistente è la richiesta agli operatori delle cure primarie di aumentare la consapevolezza dei genitori relativamente al peso eccessivo dei bambini e ragazzi: prima possibile!! Pur sapendo che ciò predice lo sviluppo di DCA [6], e senza offrire loro strumenti adeguati a seguirli in un percorso terapeutico veramente efficace (strategie per favorire il cambiamento centrate sul paziente come il Colloquio di Motivazione) e senza curare la loro derisione sul peso.

I bambini sono così sempre più spesso e più precocemente spinti a vedersi grassi, non piacersi e mettersi a dieta, focalizzandosi pericolosamente su cibo, corpo e peso e derisi in tutti gli ambienti di vita, casa, scuola, ambulatori professionali. Tutto ciò innesca comportamenti alimentari disfunzionali, perdite di controllo alimentare e aumento del BMI. Sempre più spesso viene segnalato che prima dell’esordio di un DCA c’era un’obesità [7]. Lo stigma pervasivo universale su peso e corpo aumenta il ricorso alla restrizione e crea un circolo vizioso con l’esplosione di DCA fra i giovani adulti [8]. E’ tempo di pensare prevenzione e terapia dell’obesità in modo diverso (Tabella 1), conoscendo non solo l’obesità ma anche i DCA e usando strade che non li favoriscano, e proteggendo i bambini e i ragazzi dalla derisione universale sul peso soprattutto da quella agita da genitori, educatori scolastici e operatori sanitari (Tabella 2) [9].

 Tabella 1 Azioni consigliate per la prevenzione combinata di obesità e DCA [10,11]

AZIONE BERSAGLIO
Subordinare le attività commerciali alimentari, cosmetiche e di chirurgia estetica ai bisogni di salute di bambini e adolescenti Politica, Media
Legiferare contro il Marketing alimentare selvaggio offerto ai bambini Politica, Media
Evitare visione di modelle con BMI patologico e regolamentare con dichiarazioni esplicite obbligatorie la manipolazione digitale delle immagini Politica, Media
Legiferare contro la discriminazione sul peso Politica, Media
Corsi di Formazione Brevi ripetuti annualmente sul conseling motivazionale centrato sul paziente Operatori sanitari

 

Tabella 2 Temi da sviluppare nei Corsi di Formazione Professionale, per PLS e Team di 2° livello (Pediatri del territorio , ospedalieri, nutrizionisti, psicologi) sull’Obesità in età evolutiva:

Temi Professionisti
Epidemiologia ed Etiologia aggiornata PLS
Criteri di diagnosi con l’uso del BMI z score secondo il WHO PLS
Principi del colloquio di motivazione e sua applicazione nelle cure primarie PLS e Team
Il counselling breve con le famiglie e gli adolescenti per la comunicazione della diagnosi ed il sostegno alla motivazione al cambiamento comportamentale PLS e Team
Sviluppo di Consapevolezza su empatia e derisione e Trattamento dello stigma su peso e forme corporee dei familiari, degli educatori scolastici e dei professionisti sanitari PLS e Team
Valutazione dell’esito delle cure e sua comunicazione alle famiglie PLS e Team

 

COMMENTO

Ho pensato di dare spazio sul sito a questo Abstract, presentato al Congresso Nazionale SIP nel 2015. So che è stato molto apprezzato nella sua versione online in inglese da professionisti di varie nazioni e spero possa interessare anche i colleghi italiani. Aspetto i vostri commenti

Bibliografia

1. Patton GC, Selzer R, Coffey C, Carlin JB, Wolfe R. Onset of adolescent eating disorders: population based cohort study over 3 years. BMJ. 1999 Mar 20;318(7186):765-8.

2. Osservatorio Società Italiana di Pediatria “Abitudini e stili di vita degli adolescenti italiani” Anno 2013-2014 16° edizione. http://sip.it/wp-content/uploads/2010/05/Risultati-indagine-2013-2014-completi.pdf

3. Field AE, Austin SB, Taylor CB, Malspeis S, Rosner B, Rockett HR, Gillman MW, Colditz GA. Relation between dieting and weight change among preadolescents and adolescents. Pediatrics. 2003 Oct;112(4):900-6.

4. Neumark-Sztainer D, Wall M, Story M, Standish AR. Dieting and unhealthy weight control behaviors during adolescence: associations with 10-year changes in body mass index. J Adolesc Health. 2012 Jan;50(1):80-6.

5. Puhl R, Suh Y. Stigma and eating and weight disorders. Curr Psychiatry Rep. 2015 Mar;17(3):552.

6. Allen KL, Byrne SM, Forbes D, Oddy WH. Risk factors for full- and partial-syndrome early adolescent eating disorders: a population-based pregnancy cohort study. J Am Acad Child Adolesc Psychiatry. 2009 Aug;48(8):800-9

7. Sim LA, Lebow J, Billings M. Eating disorders in adolescents with a history of obesity. Pediatrics. 2013 Oct;132(4):e1026-30.

8. Griffiths S, Mond JM, Murray SB, Touyz S. The prevalence and adverse associations of stigmatization in people with eating disorders. Int J Eat Disord. 2014 Sep 5.

9. Dietz WH, Baur LA, Hall K, Puhl RM, Taveras EM, Uauy R, Kopelman P. Management of obesity: improvement of health-care training and systems for prevention and care. Lancet. 2015 Feb 18. pii: S0140-6736(14)61748-7.

10. Puhl RM, Neumark-Sztainer D, Austin SB, Luedicke J, King KM.Setting policy priorities to address eating disorders and weight stigma: views from the field of eating disorders and the US general public. BMC Public Health. 2014 May 29;14:524.

11. Lobstein T, Jackson-Leach R, Moodie ML, Hall KD, Gortmaker SL, Swinburn BA, James WP, Wang Y, McPherson K. Child and adolescent obesity: part of a bigger picture. Lancet. 2015 Feb 18. pii: S0140-6736(14)61746-3.

Se si mette a dieta il marito, dimagrisce anche la moglie. Randomized Controlled Trial Examining the Ripple Effect of a Nationally Available Weight Management Program on Untreated Spouses.

Gorin AA, Lenz EM, Cornelius T, Huedo-Medina T, Wojtanowski AC, Foster GD.

Obesity (Silver Spring). 2018 Feb 1. doi: 10.1002/oby.22098. [Epub ahead of print] https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/29388385

 

RIASSUNTO
OBIETTIVO: Per le coppie conviventi, quando un coniuge partecipa ad un trattamento di perdita di peso, il coniuge non trattato può sperimentare anche lui una perdita di peso. Questo studio ha esaminato questo effetto a catena in un programma di gestione del peso.
METODI: 130 coppie sono state randomizzate e indirizzate o alla cura Weight Watchers (WW; n = 65) o ad un gruppo di controllo autoguidato (n = 65) e valutate a 0, 3 e 6 mesi. I criteri di inclusione erano età ≥ 25 anni, BMI ≥ 25 kg / m2 di entrambi e nessuna controindicazione alla perdita di peso. I partecipanti in terapia  WW hanno ricevuto 6 mesi di accesso gratuito alle riunioni e agli strumenti online. I partecipanti del gruppo di controllo hanno ricevuto un consiglio alla perdita di peso e del materiale stampato su come ottenerlo. I loro coniugi non hanno ricevuto alcuna cura.
RISULTATI. I coniugi non trattati hanno perso peso a 3 mesi (WW = -1,5 ± 2,9 kg; SG = -1,1 ± 3,3 kg) e 6 mesi (WW = -2,2 ± 4,2 kg; SG = -1,9 ± 3,6 kg), le perdite di peso non differiscono nei 2 gruppi. Complessivamente, il 32,0% dei coniugi non trattati ha perso ≥ 3% del peso corporeo iniziale a 6 mesi. Il peso basale era significativamente correlato all’interno delle coppie (r = 0,26; P <0,01) così come le traiettorie di perdita di peso (r = 0,52; P <0,001).
CONCLUSIONI: Lo studio prova un effetto a catena del calo di peso in coniugi non trattati di persone seguite per eccesso ponderale sia con un approccio formale che autogestito. Questi dati suggeriscono che la perdita di peso può diffondersi all’interno delle coppie e che i programmi di cura disponibili hanno effetti di perdita di peso oltre l’individuo trattato anche negli altri familiari.

COMMENTO

Così come pare che il matrimonio faccia ingrassare, è anche vero che per le coppie sposate, quando un coniuge partecipa al trattamento per perdere peso, anche il coniuge non trattato può dimagrire, con un effetto a catena. Le linee guida AHA 2013 per la gestione del sovrappeso e dell’obesità negli adulti (Circ. 2014, 129: S102-S38) raccomandano una perdita di peso del 3% per ottenere benefici sulla salute. Complessivamente, il 32,0% dei coniugi non trattati ha perso ≥ 3% del peso corporeo iniziale in 6 mesi! Forse la magia dipende dal fatto che le persone sono più disposte alla gestione del peso quando hanno persone di sostegno intorno a loro, che si tratti di un loro coniuge, partner, familiare o anche amici e colleghi.

Questo effetto a catena potrebbe essere misurato anche nei bambini (figli), che sono meno indipendenti sia nell’acquisto che nella preparazione del cibo. Pensate con quale valore sulla salute della popolazione. 

Lo stigma sul peso influenza la costruzione dell’identità personale nell’adoelscente? The Identity Threat of Weight Stigma in Adolescents.

Hand WB, Robinson JC, Stewart MW, Zhang L, Hand SC. West J Nurs Res. 2017;39:991‐1007.

Abstract

Obesity remains a serious public health issue in adolescents, who may be subjected to weight stigma leading to increased stress and poor health outcomes.

Stigma can be detrimental to adolescents during self-identity formation. The purpose of this study was to examine weight stigma in adolescents in light of the Identity Threat Model of Stigma. A cross-sectional correlational design was used to examine the relationships among the variables of weight stigma, psychosocial stress, coping styles, disordered eating, and physical inactivity.

Regression modeling and path analysis were used to analyze the data. Over 90% of the sample had scores indicating weight stigma or antifat bias. Avoidant coping style and psychosocial stress predicted disordered eating. The strongest path in the model was from avoidant coping to disordered eating. The Identity Threat Model of Stigma partially explained adolescents’ weight stigma. Nursing practice implications are discussed.

Riassunto

L’obesità rimane un serio problema di salute pubblica soprattutto negli adolescenti sottoposti a stigma sul peso: lo stigma aumenta lo stress e peggiora la salute.

Scopo di questo studio è esaminare il ruolo dello stigma sul peso degli adolescenti sulla formazione dell’identità. Si è valutata la relazione fra stigma sul peso, stress psicosociale, stili di coping, disturbi del comportamento alimentare (DCA) e sedentarietà.

Oltre il 90% del campione aveva punteggi che indicavano stigma sul peso o sul grasso. Lo stile di coping evitante e lo stress psicosociale conseguenti allo stigma facevano prevedere digiuno e altri comportamenti alimentari disturbati. L’ipotesi che lo stigma sul peso comprometta la formazione dell’identità sociale negli adolescenti ha forti implicazioni sull’assistenza sanitaria scolastica.

Approfondimento

Significato e natura dello stigma del peso
Lo stigma del peso con stereotipi e pregiudizi negativi, rivolti all’adolescente in sovrappeso o obeso, si concretizza in prese in giro verbali, bullismo fisico, cyberbullismo ed esclusione sociale. Purtroppo, la fonte più frequente è la famiglia. Sebbene rischioso a qualsiasi età, lo stigma può essere particolarmente dannoso durante l’infanzia e l’adolescenza, momenti in cui si stabiliscano i rapporti sociali e il rifiuto dei pari influisce di più. Sugli effetti psicologici e fisiologici dello stigma del peso la letteratura è piuttosto scarsa, i primi studi suggeriscono che lo stigma eserciti effetti negativi a lungo termine. I bambini stigmatizzati frequentemente in età scolare hanno una peggiore condizione sociale ed emotiva. Lo stigma può anche associarsi a strategie nella gestione del peso inefficaci o dannose, come evitamento dell’attività fisica, modalità alimentari disturbate, aumento del consumo di cibi ricchi di grassi e zuccheri e maggiore stress. Già nella scuola primaria il mangiare in modo non salutare è un meccanismo di reazione allo stress. Lo stress cronico è associato allo sviluppo di disturbi alimentari negli adolescenti e negli adulti, ed è un fattore scatenante  episodi di abbuffate compulsive.

Poco sappiamo su come le persone affrontano lo stress provocato dallo stigma sul peso. Le reazioni vanno dal cercare di ridurre il peso corporeo al cambiare la propria percezioni dell’obesità. Gli stili di coping “emotivo” ed “evitante” sono collegati ad abbuffate, digiuni e Disturbi del Comportamento Alimentare (DCA) ed altri comportamenti non salutari come la preferenza per attività sedentarie. L’esercizio fisico oltre a avere effetti positivi sulla salute globale riduce lo stress e potrebbe aiutare ad uscire dal circolo vizioso: eccesso di peso – stress – eccesso di peso.

L’adolescenza dai 13 ai 20 anni è il tempo della costituzione dell’identità di ruolo. Gli effetti dello stigma nelle persone con eccesso ponderale sono mediati dalla consapevolezza di essere visti dagli altri con un’identità sociale diminuita o svalutata. Se tali effetti vengono interiorizzati, producono cambiamenti psicologici che generano paura. La paura di essere giudicati produce stress, nonché modifiche dei comportamenti in campo alimentare e motorio che possono influenzare negativamente salute, successo scolastico e autostima.

Lo studio riguarda 302 adolescenti (72% femmine e 76,5% di razza bianca) di 14-18 anni, di cui 63% normopeso, 3% sottopeso, 13% sovrappeso e 14% con obesità, sottoposti a test su stigma sul peso, stress percepito, comportamenti motori e alimentari. Solo il 49 % del campione si ritiene normopeso e solo il 40% non è impegnato a controllare il suo peso. Il 94% ha punteggi positivi per stigma sul peso, di questi il 41% risponde con strategie di evitamento cognitivo, cercando ricompense alternative, con rassegnazione o sofferenza emotiva. 95 ragazzi possono essere definiti con coping evitante e 20% affetti da DCA con frequente utilizzo del digiuno protratto oltre le 24 ore. Solo 1/3 rispetta le raccomandazioni sull’attività fisica di tre ore alla settimana.

Concludendo se fosse confermato che lo stigma sul peso minaccia la formazione dell’identità, potrebbero essere utili interventi per aiutare soprattutto i più giovani. Gli adolescenti preferiscono l’aiuto dei loro amici e compagni, ma accettano anche l’aiuto del personale scolastico, insegnanti e allenatori, e dei genitori, per difendersi dal bullismo. L’assistenza sanitaria scolastica potrebbe valutare lo stress percepito nei bilanci di salute e intervenire insegnando ai ragazzi strategie di coping focalizzate sulla risoluzione dei problemi piuttosto che sull’evitamento per prevenire i DCA.

Essere attivi influenza il Rischio Cardio-vascolare, Neoplastico e la Mortalità? Association between active commuting and incident cardiovascular disease, cancer, and mortality: prospective cohort study.

Celis-Morales CA, Lyall DM, Welsh P, Anderson J, Steell L, Guo Y, Maldonado R, Mackay DF, Pell JP, Sattar N, Gill JMR. BMJ. 2017 Apr 19;357:j1456. https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/28424154

Abstract

Objective To investigate the association between active commuting and incident cardiovascular disease (CVD), cancer, and all cause mortality.

Design Prospective population based study.

Setting UK Biobank.

Participants 263 450 participants (106 674 (52%) women; mean age 52.6), recruited from 22 sites across the UK. The exposure variable was the mode of transport used (walking, cycling, mixed mode v non-active (car or public transport)) to commute to and from work on a typical day.

Main outcome measures Incident (fatal and non-fatal) CVD and cancer, and deaths from CVD, cancer, or any causes.

Results 2430 participants died (496 were related to CVD and 1126 to cancer) over a median of 5.0 years (interquartile range 4.3-5.5) follow-up. There were 3748 cancer and 1110 CVD events. In maximally adjusted models, commuting by cycle and by mixed mode including cycling were associated with lower risk of all cause mortality (cycling hazard ratio 0.59, 95% confidence interval 0.42 to 0.83, P=0.002; mixed mode cycling 0.76, 0.58 to 1.00, P<0.05), cancer incidence (cycling 0.55, 0.44 to 0.69, P<0.001; mixed mode cycling 0.64, 0.45 to 0.91, P=0.01), and cancer mortality (cycling 0.60, 0.40 to 0.90, P=0.01; mixed mode cycling 0.68, 0.57 to 0.81, P<0.001). Commuting by cycling and walking were associated with a lower risk of CVD incidence (cycling 0.54, 0.33 to 0.88, P=0.01; walking 0.73, 0.54 to 0.99, P=0.04) and CVD mortality (cycling 0.48, 0.25 to 0.92, P=0.03; walking 0.64, 0.45 to 0.91, P=0.01). No statistically significant associations were observed for walking commuting and all cause mortality or cancer outcomes. Mixed mode commuting including walking was not noticeably associated with any of the measured outcomes.

Conclusions Cycle commuting was associated with a lower risk of CVD, cancer, and all cause mortality. Walking commuting was associated with a lower risk of CVD independent of major measured confounding factors. Initiatives to encourage and support active commuting could reduce risk of death and the burden of important chronic conditions.

 

Riassunto

Obiettivo Indagine sull’associazione tra andare a lavorare in bici e malattia cardiovascolare (CVD), cancro e mortalità per tutte le cause.

Disegno Studio prospettico di popolazione.

Partecipanti 263 450 partecipanti (106 674 (52%) donne, età media 52,6), reclutati da 22 siti in tutto il Regno Unito. La variabile indagata era la modalità di trasporto utilizzata attiva (camminare, andare in bicicletta, modalità mista) rispetto ad una modalità non attiva (auto o trasporto pubblico)) per spostarsi da e verso il lavoro in una giornata tipo.

Misure di esito  CVD (fatale e non fatale), cancro e decessi da malattie cardiovascolari, cancro o altre cause.

Risultati 2430 partecipanti sono deceduti (496 erano correlati a CVD e 1126 a cancro) su 5 anni (intervallo interquartile 4.3-5.5) di follow-up. Ci sono stati 3748 tumori e 1110 eventi cardiovascolari. Andare a lavorare in bici e in modalità mista (bici piedi) erano associati a un minor rischio di mortalità per tutte le cause (Bicicletta OR 0,59, intervallo di confidenza da 0,42 a 0,83, P = 0,002,  modalità mista 0,76, da 0,58 a 1,00, P <0,05), incidenza del cancro (bicicletta 0,55, 95% da 0,44 a 0,69, P <0,001, modalità mista 0,64, da 0,45 a 0,91, P = 0,01) e mortalità da cancro (bicicletta 0,60, 0,40-0,90, P = 0,01, modalità mista 0,68, da 0,57 a 0,81, P <0,001). Andare a lavorare in bici e a piedi erano associati a un minor rischio di incidenza di CVD (bicicletta 0,54, da 0,33 a 0,88, P = 0,01; a piedi 0,73, 0,54 a 0,99; P = 0,04) e mortalità CVD (bicicletta 0,48, 0,25-0,92, P = 0,03: a piedi 0,64, da 0,45 a 0,91, P = 0,01). Nessuna associazione statisticamente significativa è stata osservata fra andare a lavorare a piedi e decessi per tutte le cause o cancro.

Conclusioni Andare a lavorare in bici si associa a un minor rischio di CVD, cancro e mortalità per tutte le cause. Andare a piedi a un minor rischio di CVD. Le iniziative per incoraggiare e supportare l’andare al lavoro in modo attivo potrebbero ridurre il rischio di morte e li peso di gravi patologie croniche.

 

Commento

Nell’ultimo anno gli studi di popolazione sull’effetto dell’attività fisica sul benessere fisico e psicologico delle persone di ogni età, sane o affette da patologie croniche, si sprecano davvero!!

Questo studio osservazionale dell’università di Glasgow pubblicato dal British Medical Journal che ha coinvolto un numero enorme, 260.000, cittadini britannici di età media 53 anni, seguiti per 5 anni aggiunge che i benefici che si hanno  andando al lavoro in bicicletta, con un percorso di circa 10 chilometri al giorno, sono superiori rispetto ad andarci a piedi. Chi va al lavoro in bici ha un rischio inferiore del 45% di sviluppare un tumore e del 46% di avere una malattie cardiaca rispetto a chi usa l’auto o i mezzi pubblici. Per chi va a piedi è stato notato un rischio inferiore del 27% di avere una malattia cardio-vascolare e del 36% di morirne, nessun effetto è stato registrato sul rischio di tumore o su quello generale di morte.

La salute della popolazione può essere migliorata con politiche che aumentino le piste ciclabili, i programmi per comprare o affittare una bici.

Dato che le buone abitudini si imparano da piccoli e si insegnano con il ruolo di modello per tutti i pediatri, di famiglia e specialisti, fare attività motoria ed invitare i genitori a farla e proporla ai propri bambini non deve mai essere considerato tempo sprecato.

Effetto sul modo di mangiare dei bambini: meglio a casa con la famiglia? Is it better at home with my family? The effects of people and place on children’s eating behavior.

Suggs LS, Della Bella S, Rangelov N, Marques-Vidal P. Appetite. 2018 Feb 1;121:111-118. https://ac.els-cdn.com/S0195666317304476/1-s2.0-S0195666317304476-main.pdf?_tid=63ce4982-0bee-11e8-9fb2-00000aab0f6b&acdnat=1517998094_ef2ea701c482bda1d4d0e5315504fb43

Abstract

The people and places children eat with can influence food consumption. This study investigates the people and places Swiss school-aged children ate with over a 7-day period and analyses the effects of eating at home with family on food consumption. Children completed a 7-day food diary documenting the foods they consumed, the people with whom they ate, and the place where they ate. Analyses were conducted for all meals and included 9911 meal occasions. Most meals (80.5%) were consumed at home with family. Generalized estimating equations were used to model the effects of the home-family dyad on the child’s chance of consuming a certain food while controlling for age, gender and BMI of the child, education, nationality and BMI of the parent. Compared to eating in other dyads (e.g. school-peers or restaurant-family), eating in the home-family dyad was associated with higher consumption of vegetables (+66% and +142% at weekday lunch and dinner and +180% and +67% at weekend lunch and dinner), lower consumption of sweets (-45% and -49% at weekday lunch and dinner; -43% and -49% at weekend lunch and dinner), and fewer soft drinks (-37% and -61% at weekday lunch and dinner; -66% and -78% at weekend lunch and dinner). This study shows the positive influence of eating at home with the family on food consumption in a sample of Swiss children. Interventions and policies that encourage children and parents to eat together at home could serve as effective prevention against a poor diet.

 

È meglio a casa e con la mia famiglia? Effetti del “con chi” e “dove” si mangia sui comportamenti alimentari dei bambini

 Riassunto

Le persone con cui e i luoghi in cui i bambini mangiano possono influenzare le scelte alimentari? Questo studio indaga sulle persone con cui e i luoghi in cui un gruppo di bambini svizzeri in età scolare ha mangiato per 7 giorni e analizza gli effetti del mangiare a casa con la famiglia sui consumi alimentari. I bambini hanno completato un diario alimentare di 7 giorni che documenta i cibi consumati, le persone con cui e il posto dove hanno mangiato per totali 9911 pasti. La maggior parte dei pasti (80,5%) sono stati consumati a casa con la famiglia. Rispetto al consumo in altra situazione (ad esempio con i compagni di scuola o con la famiglia al ristorante), mangiare a casa con la famiglia si associa a un più elevato consumo di frutta e verdura (+ 66% a pranzo e + 142% a cena nei giorni feriali, + 180% e + 67% rispettivamente a pranzo e a cena nel fine settimana), minore consumo di dolci (-44% a pranzo e -49% a cena) e di bevande dolci (-37% a pranzo e -61% a cena nei giorni feriali, -66% e -78% nel fine settimana), anche correggendo per età, sesso e BMI del bambino, livello scolastico, nazionalità e BMI del genitore.

Questo studio mostra l’influenza positiva di mangiare a casa con la famiglia sulle scelte alimentari in un campione di bambini svizzeri. Interventi e politiche che incoraggiano i bambini e i genitori a mangiare insieme a casa potrebbero servire per promuovere un’alimentazione sana.

Qualità dell’ambiente ai pasti all’età di 6 anni e benessere a 10 anni. Associations Between Early Family Meal Environment Quality and Later Well-Being in School-Age Children.

Harbec MJ, Pagani LS. J Dev Behav Pediatr. 2017 Dec 5. School of Psychoeducation and Sainte-Justine’s Hospital Research Center (Brain Diseases Division), Université de Montréal, Montréal, QC, Canada. https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/29227338

Abstract

OBJECTIVE: Past research suggests a positive link between family meals and child and adolescent health. Although researchers have often relied on how often families eat together, this may not capture the complexity of the experience. Using a birth cohort, this study examines the prospective associations between the environmental quality of the family meal experience at age 6 years and child well-being at age 10.

METHODS: Participants are 1492 children of the Quebec Longitudinal Study of Child Development. When children were age 6, parents reported on their typical family meal environment quality. At age 10, parents, teachers, and children themselves provided information on lifestyle habits, academic achievement, and social adjustment, respectively. The relationship between early family meal environment quality and later child outcomes was analyzed using a series of multivariate linear regression.

RESULTS: Family meal environment quality at age 6 predicted higher levels of general fitness and lower levels of soft drink consumption, physical aggression, oppositional behavior, nonaggressive delinquency, and reactive aggression at age 10. These relationships were adjusted for child characteristics (sex, temperament problems and cognitive abilities, and baseline body mass index [BMI]) and family characteristics (family configuration and functioning, maternal education, depression, and BMI).

CONCLUSION: From a population-health perspective, our findings suggest that family meals have long-term influences on children’s biopsychosocial well-being. At a time when family meal frequency is on a natural decline in the population, this environmental characteristic can become a target of home-based interventions and could be featured in information campaigns that aim to optimize child development.

Associazione fra qualità dell’esperienza del mangiare in famiglia in età prescolare e benessere 4 anni dopo.

Riassunto

OBIETTIVO: lo studio cerca una relazione tra la qualità dell’esperienza del mangiare in famiglia  di bambini di 6 anni e il loro benessere a 10 anni.

METODI: I partecipanti sono 1492 bambini del Quebec Longitudinal Study of Child Development, i cui genitori hanno riferito circa la qualità dell’ambiente ai pasti quando avevano 6 anni. Genitori, insegnanti e bambini stessi hanno inoltre fornito informazioni su abitudini di vita, rendimento scolastico e adattamento sociale dei bambini a 10 anni. Sono stati analizzate le relazioni tra qualità dell’ambiente dei pasti in famiglia sui bambini a 6 anni e salute 4 anni dopo.

RISULTATI: La qualità dell’ambiente ai pasti in famiglia a 6 anni predice livelli più elevati di fitness generale e minor consumo di bibite, aggressività fisica, comportamento oppositivo, delinquenza e aggressività all’età di 10 anni. La correlazione persiste correggendo per le caratteristiche del bambino (sesso, temperamento, capacità cognitive e BMI) e quelle dei familiari (configurazione e funzionamento della famiglia, educazione materna, depressione e BMI).

CONCLUSIONE: I risultati suggeriscono che i pasti in famiglia hanno influenze a lungo termine sul benessere biopsicosociale dei bambini. In un momento in cui la frequenza dei pasti in famiglia è in declino, questo dato può diventare un obiettivo negli interventi domiciliari e in campagne di informazione che mirano a ottimizzare lo sviluppo del bambino.

Ridurre i mediatori della flogosi con una sessione di esercizio moderato di 20 minuti. Inflammation and exercise: Inhibition of monocytic intracellular TNF production by acute exercise via β2-adrenergic activation.

Dimitrov S, Hulteng E, Hong S. Department of Psychiatry, University of California, San Diego, USA. Brain Behav Immun. 2017 Mar;61:60-68. https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/28011264

Abstract

Regular exercise is shown to exert anti-inflammatory effects, yet the effects of acute exercise on cellular inflammatory responses and its mechanisms remain unclear. We tested the hypothesis that sympathoadrenergic activation during a single bout of exercise has a suppressive effect on monocytic cytokine production mediated by β2 adrenergic receptors (AR). We investigated the effects of 20-min moderate (65-70% VO2 peak) exercise-induced catecholamine production on LPS-stimulated TNF production by monocytes in 47 healthy volunteers and determined AR subtypes involved. We also examined the effects of β-agonist isoproterenol and endogenous β- and α-agonists epinephrine and norepinephrine, and receptor-subtype-specific β- and α-antagonists on TNF production in a series of in vitro investigations. LPS-stimulated TNF production by peripheral blood monocytes was determined intracellularly by flow cytometry, using an intracellular protein transport inhibitor. Percent TNF-producing monocytes and per-cell TNF production with and without LPS was suppressed by exercise with moderate to large effects, which was reversed by a β2-AR antagonist in spite that plasma TNF levels did not change. This inhibitory response in TNF production by exercise was mirrored by β-AR agonists in an agonist-specific and dose-dependent manner in vitro: similar isoproterenol (EC50=2.1-4.7×10-10M) and epinephrine (EC50=4.4-10×10-10M) potency and higher norepinephrine concentrations (EC50=2.6-4.3×10-8M) needed for the effects. Importantly, epinephrine levels observed during acute exercise in vivo significantly inhibited TNF production in vitro. The inhibitory effect of the AR agonists was abolished by β2-, but not by β1– or α-AR blockers. We conclude that the downregulation of monocytic TNF production during acute exercise is mediated by elevated epinephrine levels through β2-ARs. Decreased inflammatory responses during acute exercise may protect against chronic conditions with low-grade inflammation.

Riassunto

È dimostrato che l’attività motoria regolare eserciti effetti anti-infiammatori, tuttavia rimangono poco chiari gli effetti di una singola sessione sulle risposte infiammatorie cellulari e i meccanismi intrinseci alla base di questo fenomeno. 47 volontari sani sono stati sottoposti ad una sessione di esercizio di 20 minuti (picco 65-70% VO2) su tapis-roulant a un livello di intensità moderato, adeguato alla loro forma fisica. Un prelievo di sangue prima e subito dopo ha dimostrato un effetto soppressivo dell’esercizio sulla produzione di citochine monocitiche, mediata dall’attivazione simpatico-adrenergica. La percentuale dei monociti produttori di TNF è diminuita del 5% e la produzione di TNF per cellula è risultata soppressa in maniera moderato-elevata.

La diminuzione delle risposte infiammatorie durante l’esercizio può avere effetti positivi su malattie croniche con infiammazione di basso grado!

 CONSIDERAZIONI Personali

La letteratura più recente sembra tutta volta a sottolineare gli effetti benefici dell’attività fisica e persino di ogni limitata sessione di esercizio, come 20 minuti di cammino al giorno o pochi minuti per ora di una giornata di lavoro sedentario, sul benessere bio-psico-sociale delle persone di ogni età, sia sane che portatrici di moltissime delle patologie che affliggono i nostri pazienti.

Questo articolo apre la strada ad una fine giustificazione biochimica ed invita tutti, e in primis i professionisti sanitari, a lasciarsi coinvolgere.

20 minuti di cammino al giorno sono un traguardo possibile per chiunque! Ma non può essere prescritto, occorre volerlo. Con le riflessioni da questo articolo apparentemente complesso possiamo aiutare i nostri pazienti a fare le scelte migliori e soprattutto possiamo fare noi da modello, così da ottenere i benefici con e prima di loro!

Il successo a lungo termine nella gestione di tutte le patologie ad andamento cronico, compresa l’obesità, è nello stile di vita, ma l’investimento in tal senso dei professionisti sanitari è minimo: si sentono poco ascoltati. Anche in studi sperimentali su volontari altamente motivati, che ricevono programmi di cura ben superiori a quelli normalmente fruibili in ambito clinico, il risultato finale riferito solo al BMI è spesso modesto e quindi trascurato e svilito. Questo può essere deludente e riduce le schiere di quanti per professione dedicano la loro vita alla promozione di stili di vita sani come “soluzione”, dimenticando che i vantaggi di uno stile di vita più sano e attivo vanno bel oltre il BMI, migliorando la qualità della vita. Tutti gli studi sono inficiati inoltre dalla difficoltà di trovare un gruppo di controllo davvero non trattato. Eppure molte malattie, come diabete, ipertensione, etc., sono fortemente dipendenti dallo “stile di vita”. Dieta ed esercizio fisico sono i pilastri importanti della loro gestione, pur se non sempre risolutori, avendo bisogno di associarsi ad altre tipologie di cure.

Ma il professionista sanitario è pronto a considerare l’attività motoria alla stregua di un farmaco con proprietà curative e a trasmettere questo messaggio al suo paziente? Se è vero che il self-management (alimentazione, esercizio fisico, assunzione di farmaci, controllo dei sintomi, riduzione dei rischi ambientali di complicanze e rispetto del follow-up) è il principio fondamentale della gestione delle malattie croniche, è anche sicuro che non dipende solo dalla responsabilità personale del paziente, ma potrebbe essere favorito dai professionisti sanitari con l’Educazione Empowering ed il sostegno continuo alla motivazione ed alla self-efficacy.

Rita Tanas

Lo Stigma sul Peso in Età Evolutiva: Raccomandazioni e Strumenti per i Professionsiti Sanitari.Stigma Experienced by Children and Adolescents With Obesity.

Pont SJ, Puhl R, Cook SR, Slusser W; SECTION ON OBESITY; OBESITY SOCIETY. Pediatrics. 2017 Dec;140(6). https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/29158228

Abstract

The stigmatization of people with obesity is widespread and causes harm. Weight stigma is often propagated and tolerated in society because of beliefs that stigma and shame will motivate people to lose weight. However, rather than motivating positive change, this stigma contributes to behaviors such as binge eating, social isolation, avoidance of health care services, decreased physical activity, and increased weight gain, which worsen obesity and create additional barriers to healthy behavior change. Furthermore, experiences of weight stigma also dramatically impair quality of life, especially for youth. Health care professionals continue to seek effective strategies and resources to address the obesity epidemic; however, they also frequently exhibit weight bias and stigmatizing behaviors. This policy statement seeks to raise awareness regarding the prevalence and negative effects of weight stigma on pediatric patients and their families and provides 6 clinical practice and 4 advocacy recommendations regarding the role of pediatricians in addressing weight stigma. In summary, these recommendations include improving the clinical setting by modeling best practices for nonbiased behaviors and language; using empathetic and empowering counseling techniques, such as motivational interviewing, and addressing weight stigma and bullying in the clinic visit; advocating for inclusion of training and education about weight stigma in medical schools, residency programs, and continuing medical education programs; and empowering families to be advocates to address weight stigma in the home environment and school setting.

 

Stigma subito da bambini e adolescent con obesità.

Riassunto

La stigmatizzazione delle persone affette da obesità è diffusa e causa danni. Lo stigma del peso è spesso tollerato nella società nella convinzione che stigma e vergogna motivino a perdere peso. Tuttavia, piuttosto che motivare ad un cambiamento, questo stigma contribuisce a comportamenti come l’abbuffata, l’isolamento sociale, il rifiuto delle cure sanitarie, la diminuzione dell’attività fisica e quindi causa aumento di peso, peggiora l’obesità e crea ulteriori ostacoli al cambiamento. Inoltre, le esperienze di stigmatizzazione del peso compromettono drasticamente la qualità della vita, specialmente per i giovani. Gli operatori sanitari continuano a cercare strategie e risorse efficaci per affrontare l’epidemia di obesità; tuttavia, spesso mostrano anche loro problemi di peso e comportamenti stigmatizzanti. Questa dichiarazione mira a sensibilizzarli in merito alla prevalenza e agli effetti negativi dello stigma del peso sui pazienti in età evolutiva e sulle loro famiglie e fornisce 6 pratiche cliniche e 4 raccomandazioni ai pediatri per affrontare lo stigma del peso. In sintesi, queste raccomandazioni mirano al miglioramento dell’impostazione clinica con l’adozione di pratiche di comportamento e linguaggio non distorti. Per ottenere ciò occore usare tecniche di counseling empatico e responsabilizzante, come l’intervista motivazionale; affrontare lo stigma del peso e il bullismo nella visita ambulatoriale; programmare la formazione professionale sullo stigma del peso nelle Scuole di Medicina e nelle Scuole di Specializzazione; invitare le famiglie a difendere i bambini e gli adolescenti dallo stigma sul peso anche nell’ambiente domestico e scolastico.

 Approfondimento

L’obesità è una malattia difficile da trattare. Molti fattori sono in gioco e sono difficili da affrontare in modo efficace durante un breve incontro in ambulatorio. Le attese dei professionisti sanitari riguardo all’obesità possono influenzare le interazioni con i pazienti e involontariamente comunicare stigma, colpa o giudizio quando si tenta di aumentare la motivazione del paziente per il cambiamento. Sfortunatamente, le prove mostrano che questi approcci rischiano di compromettere, piuttosto che migliorare, i comportamenti di salute e i risultati di peso. Inoltre, il disagio emotivo sperimentato da pazienti che si sentono stigmatizzati può aumentare il drop out verso cure di lunga durata.

L’assistenza sanitaria, la comunità e gli ambienti educativi possono essere fonti di sostegno; tuttavia, al momento, molti di questi ambienti contribuiscono ad aumentare, piuttosto che ad affrontare, lo stigma del peso dei pazienti.

Gli operatori sanitari pediatrici possono svolgere un ruolo importante per affrontare la stigmatizzazione delle persone con obesità e aumentare la consapevolezza che tale stigmatizzazione non riduce l’obesità né migliora i comportamenti salutari. Esaminando i propri pregiudizi, modellando la comunicazione e il proprio comportamento verso i bambini e le famiglie con obesità e adottando misure per affrontare lo stigma del peso con il personale dei loro ambulatori e nella comunità, gli operatori sanitari pediatrici possono apportare importanti cambiamenti nella cultura della cura per questi bambini. Con un lavoro per ridurre lo stigma sul peso, gli interventi terapeutici possono sostenere in modo più efficace e responsabilizzare i pazienti a migliorare la loro salute.

Raccomandazioni per migliorare la pratica clinica

L’American Academy of Pediatrics raccomanda ai pediatri di impegnarsi a mitigare la stigmatizzazione del peso nella pratica clinica e non solo in quella. Le seguenti raccomandazioni offrono strategie pratiche per i pediatri.

  1. Fare da Modello. È importante per i pediatri e gli operatori sanitari pediatrici mostrare, facendo da modello, con colleghi, personale e tirocinanti un comportamento professionale che sia di supporto e non deridente verso i bambini e le famiglie con obesità. Questo lavoro deve partire dal riconoscimento della complessa eziologia dell’obesità, del ruolo preponderante dei fattori genetici e socioeconomici, dei fattori ambientali e della comunità, accanto a quello delle tradizioni familiari e culturali e delle scelte individuali. Questo riconoscimento può aiutare a ridurre gli stereotipi comuni che danno vergogna e giudizio agli individui per il loro eccesso di peso o per la difficoltà a realizzare una perdita di peso.
  2. Linguaggio e scelta delle parole. È importante che i pediatri e gli operatori sanitari pediatrici utilizzino un linguaggio appropriato, sensibile e non stigmatizzante nella comunicazione con bambini, giovani, famiglie e membri del team sanitario pediatrico. Le parole possono guarire o danneggiare, intenzionalmente e involontariamente. Recenti evidenze mostrano che le parole neutre come “peso” e “indice di massa corporea” sono preferite dagli adolescenti con sovrappeso e obesità, mentre termini come “obesi”, “estremamente obesi”, “grassi” inducono sentimenti di tristezza , imbarazzo e vergogna, se usate dai genitori per descrivere il peso corporeo dei loro figli. Inoltre, usare le parole riferite dalla persone in cura è un passo per ridurre un linguaggio potenzialmente stigmatizzante, e sta emergendo come la metodica preferita per affrontare l’obesità e altre malattie con disabilità. Quando si appella una persona si deve porre l’individuo prima della condizione medica o della disabilità con frasi come “bambino con obesità” piuttosto che “bambino obeso”.
  3. Documentazione clinica. L’obesità è una diagnosi medica con conseguenze sulla salute, quindi è importante che i bambini e le famiglie comprendano i rischi per la salute attuali e futuri associati al grado di eccesso ponderale. Tuttavia, questo dovrebbe essere affrontato con un approccio equilibrato ed empatico in modo che le informazioni siano trasmesse e comprese in modo sensibile e che da supporto.

Usando termini più neutri, come “peso insalubre” e “peso molto malsano”, sia nelle note cliniche che nel parlare con pazienti e familiari si può migliorare la comunicazione. Le cartelle cliniche elettroniche e la nomenclatura dei codici medici potrebbero utilizzare termini quali “peso non salutare” e “peso molto insano” al posto di “obesità” e “obesità morbigena” negli elenchi di codificazione delle patologie per supportare ulteriormente l’uso di un linguaggio sensibile ai pensieri del paziente negli incontri clinici.

  1. Consigli per il cambio di comportamento. Oltre alla scelta specifica delle parole, si raccomanda che gli approcci al cambiamento del comportamento siano empatici e incentrati sulla famiglia, come prevede l’intervista motivazionale usata per supportare i pazienti e le famiglie a fare cambiamenti per la salute. Attraverso interviste motivazionali, gli operatori sanitari si impegnano in modo collaborativo col paziente e / i genitori nell’aiutarli a definire i loro obiettivi e affrontare gli ostacoli al raggiungimento del cambiamento del comportamento di salute.
  2. Ambiente clinico. I pediatri dovrebbero creare uno spazio clinico sicuro, accogliente e non stigmatizzante per bambini e ragazzi con obesità e le loro famiglie. Ciò richiede la creazione di un ambientazione che accoglie pazienti di diverse corporature, dall’ingresso alla clinica alle sale di visita e d’esami (Appendice 1).
  3. Valutazione psicofisica completa. Affrontare lo stigma del peso nella pratica clinica richiede che i pediatri valutino non solo le comorbidità fisiche, ma anche quelle psicologiche associate all’obesità, tra cui bassa autostima, scarso rendimento scolastico, depressione e ansia. Queste sono spesso trascurate, mentre possono suggerire atti di bullismo.

Ridurre lo stigma del peso
La creazione di un ambiente sano per i pazienti è fondamentale per prevenire e curare efficacemente l’obesità. Fa parte di questo impegno promuovere un ambiente che sostenga e responsabilizzi i giovani e le famiglie con obesità a essere sani, piuttosto che rafforzare la vergogna o lo stigma sociale nei loro confronti. Pertanto, i pediatri possono essere importanti attori nel ridurre lo stigma del peso in più contesti.

  1. Scuole. I pediatri possono collaborare con le scuole per garantire che le politiche anti-bullismo includano protezioni per gli studenti vittime di bullismo sul peso. Dato che il bullismo basato sul peso è spesso assente nelle politiche scolastiche, l’impegno degli operatori sanitari potrebbero svolgere un ruolo importante.
  2. Media mirati ai giovani. È importante che i pediatri e gli operatori sanitari pediatrici sostengano una rappresentazione responsabile e rispettosa delle persone con obesità nei media. Si preoccupino di diffondere cultura contro le rappresentazioni stigmatizzanti nei media (ad esempio, opinioni e commenti, lettere agli editori, presentazioni professionali o commenti sui social media) per aumentare la consapevolezza dello stigma di peso, particolarmente dannoso per i bambini, che può rafforzare lo stigma sociale.
  3. Formazione professionale. È importante che i pediatri e le istituzioni professionali sostengano l’inclusione della formazione sullo stigma del peso nei programmi di studio della scuola e della professione medica e sostengano programmi di formazione continua per i medici praticanti.

4.Formazione dei genitori. È importante che i pediatri e gli operatori sanitari pediatrici lavorino per aiutare le famiglie e i pazienti a gestire e affrontare lo stigma del peso nelle scuole, nelle comunità e nelle loro case. I pediatri possono incoraggiare i genitori a informarsi attivamente con gli insegnanti e il personale amministrativo scolastico per assicurarsi che siano in atto piani per affrontare la vittimizzazione sul peso nelle loro istituzioni. Ai genitori dovrebbe essere chiesto di stare in allerta sullo stigma del peso a casa, di cui amici e familiari possono essere fonte. Infine, poiché i tassi di obesità sono più alti nelle comunità che sono a rischio dal punto di vista socio-economico e nelle comunità di colore, lo stigma aggiuntivo attribuibile a razza, situazione socioeconomia e sesso potrebbe ulteriormente aggravare quello sul peso.

Appendice Risorse per i professionisti e membri della comunità per affrontare lo stigma sul peso.

  1. Un primo passo nell’affrontare lo stigma del peso è diventare consapevoli dei propri atteggiamenti e pensieri sul peso corporeo. Il Rudd Center dell’Università del Connecticut ha messo online diverse risorse per aiutare gli operatori sanitari a sensibilizzare l’opinione pubblica sullo stigma, a capire in che modo lo stigma del peso può influire sulla cura del paziente e ad adottare misure per il suo contenimento. Le risorse includono video educativi e un corso di formazione medica permanente online (http://ruddcentercme.org).
  2. L’American Academy of Pediatrics Institute per Healthy Childhood Weight ha sviluppato la risorsa online gratuita “ChangeTalk: Childhood Obesity” (https://go.kognito.com/ changetalk) per i professionisti sanitari per apprendere e praticare il colloquio motivazionale con avatar interattivi e incontri simulati con paziente e genitore affetti da obesità.
  3. Si consiglia di porsi le seguenti domande per identificare aree di miglioramento di un ambiente ambulatoriale e renderlo più adeguato:
  • Le sedie nella sala d’attesa sono in grado di sostenere il peso di un paziente o di un genitore di peso corporeo elevato?
  • Le sedie hanno braccioli che potrebbero impedire a un genitore o paziente più grande di potersi sedere comodamente?
  • Sono disponibili materiali di lettura per pazienti che supportano cambiamenti di stile di vita sani o invece promuovono inavvertitamente immagini del corpo e diete non salutari?
  • Quando un paziente viene visitato la bilancia è in un’area riservata e può pesare con precisione un paziente più pesante?
  • Ci sono i bracciali per la pressione sanguigna che possono fornire una lettura accurata al suo braccio?
  • Ci sono camici che consentano ai pazienti più pesanti di sentirsi a proprio agio e non eccessivamente esposti quando li usano?
  1. The Obesity Action Coalition, The Obesity Society e Rudd Center for Food Policy e Obesity hanno pubblicato linee guida per la rappresentazione di individui con obesità nei media (http://www.obesityaction.org/ wp- content / uploads / Guidelines – per- Media-ritratti- di- Individui- affetti- da- obesità- 2016.pdf).

Queste linee guida includono le seguenti sezioni:

  • Rispetto della diversità ed evitamento dello stereotipo;
  • Linguaggio e terminologia appropriati;
  • Copertura equilibrata e accurata del corpo con obesità;
  • Immagini appropriate degli individui colpiti da obesità.

Seguire linee guida come queste nella comunicazione sanitaria può aiutare a garantire che i messaggi siano rispettosi e di supporto alle persone con obesità piuttosto che contribuire allo stigma sociale.

  1. Per risorse di supporto per i genitori riguardo al bullismo sul peso a scuola, visitare il Centro Rudd dell’Università del Connecticut (http: // www.ruddrootsparents.org/ weight- bias- and- bulllying.

Meccanismi con i quali lo Stigma sul peso sostiene e aggrava l’epidemia dell’Obesità soprattutto delle donne e dei bambini. Stigma and the perpetuation of obesity.

Brewis AA. Soc Sci Med. 2014 Oct;118:152-8. https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/25124079

Abstract Even as obesity rates reach new highs, the social stigmatization of obesity seems to be strengthening and globalizing. This review identifies at least four mechanisms by which a pervasive environment of fat stigma could reinforce high body weights or promote weight gain, ultimately driving population-level obesity. These are direct effects through behavior change because of feeling judged, and indirect effects of social network changes based on stigmatizing actions and decisions by others, psychosocial stress from feeling stigmatized, and the structural effects of discrimination. Importantly, women and children appear especially vulnerable to these mechanisms. The broader model provides an improved basis to investigate the role of stigma in driving the etiology of obesity, and explicates how individual, interpersonal, and structural dimensions of stigma are connected to variation in health outcomes, including across generations.

 Stigma e cronicizzazione dell’obesità. Riassunto

Nonostante la prevalenza dell’obesità sia in aumento, la stigmatizzazione sociale nei suoi confronti sembra rafforzarsi e globalizzarsi. Questa revisione identifica almeno 4 meccanismi mediante i quali un ambiente stigmatizzante pervasivo potrebbe facilitare il mantenimento di un peso corporeo elevato o promuoverne l’ulteriore aumento, sostenendo l’epidemia di l’obesità nella popolazione. Si tratta di effetti diretti mediati dal cambiamento dei comportamenti secondari al sentirsi giudicati ed effetti indiretti mediati dai cambiamenti dei social network realizzati con azioni stigmatizzanti e derisioni, lo stress psicosociale del sentirsi stigmatizzati e gli effetti strutturali della discriminazione. È importante sottolineare che donne e bambini sembrano particolarmente vulnerabili a questi meccanismi. Il modello fornisce una base per capire il ruolo dello stigma nell’influenzare l’eziologia dell’obesità e spiega in che modo le dimensioni individuali, interpersonali e strutturali dello stigma possano modificare l’esito dei trattamenti sanitari e l’evoluzione dell’obesità nelle varie generazioni.

Approfondimento per conoscere meglio questi 4 meccanismi

Sappiamo che le persone con obesità fanno molta fatica a tornare normopeso e a rimanere tali. L’articolo si domanda se lo stigma è uno dei fattori di mantenimento dell’eccesso di peso e come.

Ecco i 4 meccanismi che interagiscono far loro potenziandosi:

1 Effetto diretto sui comportamenti

Le persone che hanno interiorizzato lo stigma sul corpo sono meno motivate ad essere fisicamente attive. Video stigmatizzanti inducono soprattutto gli adolescenti (Haines 2016) a mangiare di più, essere sempre a dieta, fare abbuffate. Restrizione e perdite di controllo portano ad aumento del peso e modificano il metabolismo a vita. Queste persone chiedono meno cure adeguate, ma più “doctor shop” e soluzioni chirurgiche. Avendo minor self-efficacy e autostima, non credono di essere capaci di curarsi e più spesso di altre evitano o abbandonano le cure.

2.Effetti indiretti dello stress psicosociale

Sentirsi discriminati è una potente sorgente di stress e lo stress fa aumentare il peso ed il grasso viscerale, come già dimostrato per lo stigma raziale, per un effetto sull’asse ipotalamo- ipofisi – surrene (HPA) e sul sistema simpatico che portano un cronico aumento di catecolamine e glicocorticoidi. Se la discriminazione interviene precocemente, in età evolutiva, induce comportamenti meno salutari a vita. L’esposizione a messaggi stigmatizzanti sul peso porta a mangiare di più, soprattutto le donne che si sentono sovrappeso. Lo stigma contribuisce a indurre depressione, soprattutto nei bambini e nelle donne, effetto che si somma al meccanismo precedente: comportamenti alimentari insani aumentano il rischio di depressione e i sintomi della depressione predicono un mangiare disordinato. Lo “stress” sarebbe massimo quando le persone temono che i loro comportamenti (come mangiare cibi ipercalorici o essere sedentari) stiano rafforzando gli stereotipi relativi alla loro categoria. Questa paura porta a comportamenti inadeguati, come il consumare una quantità eccessiva di cibo, coerenti con lo stereotipo. Lo stress è maggiore quando la persona interiorizza lo stereotipo.

  1. Effetti indiretti legati alle relazioni sociali

Le persone obese hanno proporzionalmente più persone sovrappeso o obese nelle loro reti sociali. Le reti potrebbero essersi così ristrette, perché i non obesi si ritirano dalla relazione con le persone con obesità per evitare contaminazione (“stigma di cortesia”) o le persone con obesità affrontano lo stigma ritirandosi socialmente, fenomeno che si manifesta molto presto, nell’infanzia. Lo stigma può cambiare la composizione della rete dato che le persone cercano relazioni con coloro che condividono la loro condizione e offrono comprensione, accettazione e supporto emotivo. Persone con BMI basso o elevato tendono ad aggregarsi per la condivisione di norme sociali e dimensioni corporee o piuttosto di comportamenti sociali come alimentazione ed esercizio fisico.

  1. Effetti indiretti della discriminazione

L’obesità porta a minori opportunità di lavoro e povertà, ma la povertà porta a minori possibilità di scegliere l’alimentazione, avere tempo per cucinar, svolgere attività, vivere in quartieri sicuri e con opportunità di fare attività. La povertà e l’insicurezza ambientale e sanitaria causa stress e collega il meccanismo 4 al 3 ed al 2. Lo stigma sul peso, inoltre, si somma a quello per razza e stato sociale aumentandone gli effetti.

CONCLUSIONI

Questa recensione suggerisce che ci sono buoni motivi per pensare che lo stigma e la discriminazione legati al peso corporeo possano contribuire al mantenimento e all’aumento del peso attraverso meccanismi multipli, auto rinforzanti operanti su più scale. Anche se ciascuno di questi meccanismi può causare solo piccoli incrementi o il mantenimento del peso, più meccanismi deboli, interagendo in un sistema biosociale allargato, potrebbero cooperare insieme per aumentare l’obesità della popolazione. E, poiché l’esposizione allo stigma e alla discriminazione legati al peso tende ad aumentare, c’è la possibilità che studi sulla comprensione dell’obesità rivelino potenti cicli auto-rinforzanti capaci di agire per amplificare sia la sofferenza emotiva che la crescita di peso nelle generazioni con effetti intergenerazionali. Donne, adolescenti e bambini appaiono più vulnerabili, suggerendo l’invito pratico ad un approccio particolarmente sensibile non giudicante/stigmatizzante ai bambini in sovrappeso e obesi oggetto di stigma.